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n. 132 del 24 maggio 2008

Comunicato stampa n. 132/2008 di sabato 24 maggio 2008

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L'arma della democrazia contro l'idolo della violenza - Con gli interventi di Macaluso e Moro si è concluso oggi il convegno dell'Università di Macerata sui conflitti e alle contaminazioni ideologiche del dopoguerra
"L'asse della battaglia democratica rimane essenziale per combattere questi fenomeni di violenza".
 

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Macaluso_Scipione_Rossi3_rid.jpgLo ha rimarcato oggi il senatore Emanuela Macaluso alla conclusione del convegno "Violenza e Storia d’Italia. Conflitti e contaminazioni ideologiche nel secondo ’900" promosso dal professor Angelo Ventrone e organizzato dalla Facoltà di Scienze politiche dell'Università di Macerata. In questa ultima giornata, coordinata dal giornalista Gianni Scipione Rossi, è stato affrontato il tema della violenza politica. Edoardo Novelli ne ha preso in considerazione l’iconografia, Angelo Ventrone ha analizzato i legami tra violenza e critica alla società contemporanea. Giovanni Moro e Michela Nacci hanno illustrato, invece, la politica italiana tra gli anni Settanta e gli anni Ottanta e i suoi legami con alcuni dei fatti più cruenti della nostra storia. Emanuele Macaluso ha avuto il compito di fare il commento finale, trovando un filo rosso tra le varie relazioni. "La battaglia per la democrazia – ha rimarcato il senatore – ci ha consentito di affrontare questi momenti con una dialettica che ha permesso di far avanzare le coscienze".

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Macaluso_Scipione_Rossi2_rid.jpgIl convegno ha attirato l'interesse anche della stampa nazionale. Giordano Bruno Guerri, che ha coordinato il dibattito venerdì mattina, ha dedicato all'iniziativa l'articolo "Una Repubblica fondata sulla violenza" pubblicato oggi sulle pagine de "Il giornale", mettendo in luce gli interventi di Roberto Chiarini, dell’Università di Milano, sulla lotta fratricida tra antifascismo e anticomunismo, di Guido Panvini, dell’Università della Tuscia sulla pianificazione della violenza tra il 1969 e il 1972, e di Ventrone sul mancato chiarimento dei propri obiettivi da parte delle Brigate Rosse una volta conquistato il potere.
 
La tre giorni di studi ha voluto contribuire a risolvere quella "patologia della memoria che interessa gli anni '70", come ha sottolineato Giovanni Moro, figlio dello statista assassinato e presidente della Fondazione per la cittadinanza attiva. "E' un periodo difficile da classificare tramite temi o titoli dominanti – ha spiegato quest'ultimo -, perché è stato intessuto da complicazioni concrete come la militarizzazione dell'attivismo politico; la convivenza tra il consociativismo dei partiti e i primi segnali di stanchezza della società innanzi a questo sistema; l'immobilismo, la necessità di un cambiamento impossibile contrapposto all'attività riformista del Parlamento di quegli anni". Moro ha, infine, puntato il dito contro i troppi pregiudizi e criteri selettivi con cui si guarda a questo periodo, concludendo: "La violenza è un idolo dal quale dobbiamo liberarci".

 

 

 

 


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