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n. 146 del 12 ottobre 2010

Comunicato stampa n. 146/2010 di martedì 12 ottobre 2010

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Ronvegno, “Il dolore e la speranza

Mercoledì 13 e giovedì 14 si svolgerà il convegno su “Il dolore e la speranza. Cura della responsabilità e responsabilità della cura”, che continua il ciclo dei “Colloqui di etica”, promossi nell’ambito del Dipartimento di Filosofia e scienze umane dell’Università di Macerata.

Nella prima sessione, che prenderà il via mercoledì alle 15, saranno messe a tema alcune coordinate etiche e culturali di fondo: la categoria della responsabilità e il rapporto tra dolore e speranza, riconsiderato in una prospettiva filosofica e teologica. Al centro della seconda sessione – giovedì, ore 9 - sarà invece la difficile arte della cura, esplorata a livello medico e psicologico. Il colloquio cercherà di rispondere a tali domande attraverso un ampio dialogo interdisciplinare tra etica e bioetica, medicina (in particolare l’oncologia) e psicologia, avvalendosi del contributo dei maggiori studiosi di tali temi: Francesco Miano (Università di Roma “Tor Vergata”), Grazia Tagliavia (Università di Palermo), Maurizio Chiodi (Facoltà Teologica dell'Italia Settentrionale), Antonella Surbone (New York University), Giuseppe Galli (Università di Macerata), Anna Scopa, (Hospice Villa Speranza, Roma). Nel corso del Colloquio sarà anche presentato il volume con i risultati del I° Colloquio a cura di Luigi Alici “La felicità e il dolore. Verso un’etica della cura”, Aracne, Roma 2010.
 
Lo sviluppo straordinario delle biotecnologie e la crescente rivendicazione del principio di autonomia stanno introducendo cambiamenti profondi nella cultura e nel costume, che interessano in maniera particolare la bioetica, il rapporto medico-paziente e persino il senso e il valore di alcuni “fondamentali umani”, quali la cura, la responsabilità, la solidarietà.
 
Il dibattito su questi temi tende a concentrarsi per lo più concentrato su alcune domande: Quando e fino a quando è legittimo e lecito curare? Fin dove può spingersi la libertà individuale di disporre del proprio corpo rispetto al dovere di tutela della vita umana? In senso più ampio, però, emergono altri interrogativi, ancora più radicali: come si può intendere il rapporto tra dolore e speranza? Il dolore può essere considerato come un’esperienza indegna dell’umano, oppure è un compagno inseparabile della nostra vita? Nel momento più acuto ed estremo, può essere riscattato dalla luce della speranza e dalla solidarietà della cura?
La risposta a tali domande chiama quindi in causa il senso stesso della cura e riapre questioni ulteriori: si può curare anche quando non si può guarire? Possiamo aprirci a un’idea di cura che oltrepassi il piano strettamente terapeutico, per riconoscerla come una forma di solidarietà responsabile, non solo possibile ma addirittura doverosa?

 

 

 

 

 

 


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